Contributi degli studenti

Ludovica Catricalà – Giornata della memoria

Avevo otto anni, otto anni e mezzo
quel giorno. L’anno scolastico
era appena iniziato, ero contento perché
mi ero preparato per l’interrogazione.
Ero convinto che mi avessero
chiamato per questo.
Invece il maestro mi disse:
“Sei espulso dalla scuola”.

SAMI MODIANO 

 

Ludovica Catricalà

Nella giornata del 20 gennaio in occasione della giornata della memoria Liliana Segre (Senatrice a vita e sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz) si è recata presso il teatro degli Arcimboldi, ha incontrato gli studenti e ha parlato della sua deportazione, del tormento patito insieme al padre durante la persecuzione, della sopravvivenza nel campo di concentramento ma non solo, ha anche dato particolari consigli molto spesso impliciti ma chiari proprio sul significato della vita. Proprio in merito a questo le sue parole sono state:

«Mi dispiace da matti avere 90 anni e avere così pochi anni davanti. La vita mi piace moltissimo, anche se gli “odiatori” mi augurano la morte ogni giorno.
Vita è una parola importantissima che non va dimenticata mai, perché non si torna mai indietro.
Non bisogna perdere mai un minuto di questa straordinaria emozione che è la nostra vita
».

Tralasciando l’empietà nello sperare nella morte di una donna di novant’ anni, e non in quanto tale, ma in quanto persona avente il diritto naturale, ciò che comunica il suo discorso è la volontà di vivere, e in un mondo al margine del decadimento più estremo di ogni principio morale, in un mondo in cui il diritto a vivere non è più tale ma diventa esclusivamente un diritto alla sopravvivenza e in oltre ancora, un mondo in cui ogni persona sembra essere sottostimata fino a diventare un numero, l’esclamazione spontanea dell’amore per la vita dovrebbe essere stimolata e indotta a qualsiasi bambino o anziano che abbia forza di respirare ancora.

Liliana Segre ha parlato della difficoltà riscontrata nell’iniziare a testimoniare, attività iniziata solo in seguito all’essere divenuta nonna. In particolare le sue parole sono state «io quando mi trovo qui sono la nonna di tutti voi» , appena udito questa frase non nego che l’impulso del mio cervello sia stato quello di pensare ad una “frase fatta” svuotata di qualsiasi significato reale, solo quando la conferenza si è conclusa ho compreso il significato e la profondità di queste parole: la memoria, il fatto stesso di essere lì a tramandare qualcosa la rende di fatto la nonna di tutti noi, e quelle parole sono la sua eredità che noi abbiamo il compito di tramandare e difendere. Ho assistito spesso a conferenze sulla Shoah, o comunque a incontri riguardanti questo, ho visto video, letto interviste, in effetti mai avevo provato un tale dolore e mai ero stata talmente rapita al punto da rimanere del tutto pietrificata davanti a tale esperienza.

La senatrice ha raccontato in linee generali tutto ciò che ha patito. Ha iniziato parlando di quando sono entrate in vigore le leggi razziali, di quanto le sembrasse del tutto stravolgente il non poter più avere un’istruzione. Parlando invece del periodo delle persecuzioni si è soffermata fortemente sulla figura del padre: nella sua vita sicuramente ne soffrì gravemente la morte, come è normalità per qualsiasi persona, ma ciò che nell’ascoltarla mi è sembrato davvero atroce è stato l’avere la consapevolezza che il proprio padre, una volta arrivati al campo di concentramento non sarebbe riuscito per la fragile costituzione a superare quella stessa condizione di disumanità che lei stessa ha vissuto per più di un anno, alla tenera età di tredici anni.  Quell’età in cui Liliana Segre fu costretta a patire le pene del campo e a dover imparare la sopravvivenza e l’indifferenza verso le atrocità proprio per amore della sua stessa vita; un momento di ragazza che dovrebbe essere contraddistinto da spensieratezza e in particolare oggi le giovani donne tendono a preservare questo delicato momento, senza pesare quanto siano fortunate.

La nostra particolare e anche ormai simpatica sopravvissuta si è espressa dicendo quanto un adolescente possa essere forte, e possa riuscire a varcare ogni soglia di difficoltà per quella qualità che è la potenza della giovinezza.

Il quesito che è stato più pronunciato dalla senatrice è il seguente: “perché io ?” e la risposta , sempre da lei concessa, era “per la colpa di essere nati“. Perché contro gli ebrei sono state introdotte le leggi razziali? Per la colpa di essere nati; perché gli ebrei sono stati trattati come appestati dal resto del mondo? Perché gli ebrei sono stati trattati come carne da macello?

Per la colpa di essere nati e potremmo continuare per ore ponendoci domande riguardanti il sistematico sterminio di tutte le persone appartenenti a questa religione, riguardanti il motivo di una così grande opera per annullare la persona stessa ancora prima di portarla lentamente verso la morte, come se la morte non bastasse come pena da scontare per rimediare al danno della propria esistenza. Eppure noi non dovremmo ​sentire così distante questa frase utilizzata come motivazione di uno sterminio, dal momento in cui anche ora negli anni 2000 noi eseguiamo uno sterminio sistematico contro persone che definiamo “di razza differente” non come noi, certamente le nostre armi non sono più mitra o forni crematori o camere a gas. Le Nostre Armi sono più fini, più eleganti, più sottili.

Noi tutti fingiamo di non essere assassini perché non sono nostre le mani del delitto, anzi potremmo dire che in questo sterminio non ci sono mani coinvolte, ci sono solo delle voci e dei silenzi. Diventiamo assassini ogni volta che lasciamo morire in mare centinaia di persone. Diventiamo assassini ogni volta che tacciamo davanti al nostro mare di morti. Diventiamo assassini ogni volta che con il nostro mutismo acconsentiamo a questo sterminio di massa, certamente diverso da quello contro gli ebrei, ma chi siamo noi per giudicare se un tipo di sterminio sia migliore o peggiore di un altro? Indubbiamente non siamo Dio anche se in ogni decennio o ventennio c’è almeno un personaggio che immagina di esserlo. Liliana Segre durante il suo discorso ha detto “sono stata prigioniera con il corpo, ma la mia mente non l’anno mai avuta “ io non so quanto sia in grado di dare credito a questa affermazione ,perché ritengo che se si arriva a livelli così estremi di disumanità, e non intendo solo quella dei nazisti ma anche quella degli stessi prigionieri, la mente non abbia più la libertà ma sia schiava anch’essa della morte, come lo è il corpo svuotato da qualsiasi testimonianza evidente di vita. La Segre sul finire del discorso disse che dopo La Marcia della Morte, quando finalmente fu libera fuori dal cancello del campo di concentramento si trovò con una pistola ai piedi e il suo carnefice davanti, ha affermato di aver resistito all’indescrivibile istinto di vendetta, ed io davanti a queste parole non avrei voluto fare altro che alzarmi e applaudirla per il coraggio e la dignità che dalla sua azione ha dimostrato di non aver mai perso.

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