GeneraleReciprocità e didattica multimediale

Intervista a Giampiero Pacifico Direttore del Museo dell’Operetta

Dire le Bugie è il più brutto vizio
che possa avere un ragazzo.
Metti giudizio per l’avvenire
e sarai felice.

            Carlo Collodi

 

 

Siamo a Torre Caietani nel Museo dedicato a Sandro Massimini apprezzando il valore, l’eleganza, lo stile delle opere lasciate in eredità a Giampiero Pacifico attualmente Diretto del Museo a cuoi rivolgiamo le prime domande: potrebbe definirci i caratteri generali dell’operetta? Non abbiamo dubbi nel definire l’Operetta come la madre putativa del Miusical, dove la consistenza delle parti non consiste solo nella sfarzosa arte scenica della parodia o dell’inverosimile, quanto piuttosto nella vivacità musicale che ne permette la vivacità musicale dunque immediata godibilità dell’opera stessa. È chiaro che gli stessi motivi musicali o anche le figure come la soubrette non hanno più un carattere imponente come nell’Opera, o nella lirica; non a caso la sottile leggerezza dell’Operetta ne sottolinea il valore della modernità anche se per alcuni aspetti vive il ruolo d’inferiorità giocato dalla sorella minore rispetto all’Opera lirica. Il punto di forza non sta dunque nel carattere di superiorità o d’inferiorità quanto piuttosto nella diversità tra due generi diversi. Lo dimostra il fatto che grandi cantanti sono riusciti nel loro successo a gestire i due generi dimostrando di essere stessi grazie alla loro capacità di essere versatili sia nel Musical, Opera o nell’Operetta. Possiamo affermare che Sandro Massimi è stato in Italia realmente il re dell’Operetta, dopo un lungo periodo di fermo, di chiusura o forse meglio di gestazione possiamo dire che Sandro è stato colui che la portata all’apice, in quanto solo Trieste era la città dove si celebrava il festival dell’Operetta, attraverso la scrittura dell’enciclopedia, inviando all’Edicola molti dei suoi lavori compresi grandi nomi come la Ricordi; la genialità di Sandro è stata comunque quella di rendere fruibile tali prodotti al grande pubblico anche se per alcuni aspetti è rimasto un mercato di nicchia. È pur vero che tale caratteristica ha sempre contraddistinto questo genere, se pensiamo anche la comicità, allele battute; in fondo il linguaggio ironico è come se avesse una durata o una scadenza: certe battute fanno ridere in un determinato contesto storico e in un certo luogo e persino in un certo genere, in quanto sono dirette ad un certo pubblico e non in un altro.  Un altro carattere generale è la durata del tempo che sicuramente nell’operetta è più breve anche se per alcuni aspetti è più incisivo per questo sto facendo riferimento ad un pubblico forse meno impegnato e forse meno esigente rispetto all’Opera, i tempi del teatro vengono considerati da Sandro stesso come troppo lungo e questa sarà un punto di forza dell’Operetta ma questo almeno dal mio punto di vista non deve sminuirne il valore dell’Opera sia in ambito musicale sia nel teatro in genere.

Focalizzando alcuni aspetti del museo potrebbe dirci l’importanza dei pezzi che troviamo per esempio in questa sala? Allora quelli che vediamo non sono delle riproduzioni ma ovviamente sono dei pezzi originali come questi grammofoni, dove possiamo risentire le voci di grandi artisti come Guido Agnoletti che possiamo definire il Pavarotti degli anni ’20. Uno dei miei obiettivi e cercare di accostare i giovani alla comprensione di questi lavori.  Dal punto di vista stoico in ogni modo dobbiamo considerare la fine degli anni ’50 come il periodo in cui in Francia uscirà: l’Orfeo e l’Inferno del ‘58, anche se in Italia erano già usciti lavori come: l’Opera buffa e altre opere. Massimini riuscì a portare in auge l’Operetta grazie anche ai suoi contatti come per esempio Carlo Lombardo che all’epoca aveva più di quindici compagnie teatrali e Sandro non aveva questa facoltà ed è per questo che ne possiamo valorizzare il carattere che in termini moderni possiamo definire leggero, moderno, snello ed effervescente ma al tempo stesso d’impatto sul pubblico; tutto ciò che ritroviamo in opere come l’Acqua cheta o Scugnizza.

Quali erano le difficoltà all’epoca? Allora una grande difficoltà era sicuramente quella di prendere i diritti d’autore di un testo anche perché acquisire i diritti d’autore significava avere maggiore autonomia anche nella fattibilità dell’opera e diventare così Titolare dei Titoli come il grande successo del Paese dei Campanelli.

Come è riuscito a conoscere la figura di Sandro Massimini? Allora io provengo dal teatro e dalla danza classica in particolare dalla scuola del teatro dell’Opera di Roma, la mia insegnante era Attilia Radice e Ivana Cattei, poi con Nadia Chiatti e Renato Greco; sono dunque passato al moderno fino ad arrivare a Gino Landi che mi diede la possibilità di fare il Musical al Teatro Sistina di Roma dove mi proposero e quindi accettai di fare l’Operetta a Trieste dove non solo ho conosciuto ovviamente Sandro ma ha cambiato completamente stile passando dall’Opera al Musical e dunque sai i passaggi sono tanti e diversi dalla danza classica poi il Charleston al Chacha fino all’Operetta dove ho conosciuto Sandro. Il teatro non è come la televisione dove si rischia di fare confusione in quanto i programmi contenitori tipo quelli, dove ho conosciuto Raffaella Carrà, si rivolgono al grande pubblico della Rai e di conseguenza è difficile differenziare proprio perché sono rivolti ad un’utenza altamente eterogenea.

Come direttore del museo che ruolo pensi di avere pensando alla cultura dei giovani? Ora dobbiamo in ogni modo considerare che ora mi sento un po’ il testimone di quell’epoca proprio perché ho ereditato diversi documenti grazie a Massimini e che mi hanno lasciato anche altri personaggi della televisione come per esempio Gigi Proietti, e che oggi ritroviamo al museo di Torre Caietani: pensiamo ai Teatrini d’epoca che risalgono alla seconda metà degli anni ’50. Dal punto di vista antropologico dobbiamo considerare che il museo dell’Operetta nasce proprio dal mio desiderio di lasciare ai giovani tutto ciò che riesce a destare una prima curiosità, e poi un successivo interesse e quindi passione ed emozioni verso un’epoca veramente ricca di storia che ha caratterizzato in fondo l’identità sociale del nostro paese. Pensare al progresso che passa con il teatrino per bambini, fino ad opere per l’adolescenza e la comicità rivolta ad un pubblico più impegnato che rimane però confinato nella leggerezza e nell’eleganza significa non solo fare cultura ma tramandare cultura alle nuove generazioni. Questo è ciò che possiamo fare pensando a tutto ciò che ha caratterizzato lo stile italiano dell’Operetta, sicuramente unica nel suo genere. Pensiamo al burattino che viene attribuito a Pinocchio che in realtà era una marionetta i cui fili venivano tirati da mangiafuoco. Un libro che si presta veramente oggi ad una seconda riflessione, perché su questi testi si è consolidato il passaggio dal teatro alla televisione e persino al cinema: dal teatrino dunque al teatro come dall’opera all’operetta, dove ritroviamo addirittura un Benigni con Pinocchio al Cinema. Ora dare spazio al divertimento come al benessere cercando di valore. In effetti il cinema come il teatro sono rappresentazioni o parodie della realtà dove se esiste qualcosa di valido nel mondo reale possiamo tentare di rappresentarlo anche in senso terapeutico: ridere e sorridere è in fondo una cura per la nostra mente.

Lascia un commento