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Barbara Barile – Il Debate come risposta ad un bisogno di formazione

Pensare è andare al di là delle

informazioni che ci sono state fornite

Jerome Bruner

L’idea di questo lavoro nasce da alcune domande che da sempre coinvolgono il ruolo della scuola, della formazione e del lavoro non sempre così attento da coinvolgere i giovani. In altre parole e più semplicemente come penetrare il mondo adolescenziale e motivarlo al saper fare, al saper essere e quindi al sapere? Come condurre e guidare i giovani in quel delicato processo di formazione e sviluppo dell’identità personale, in un contesto “supertecnologizzato” o meglio tecnoliquido, come lo definirebbe Zygmunt Bauman, un mondo, il nostro bombardato dal continuo e veloce fluire d’informazioni. Come faranno i nostri ragazzi e le nostre ragazze a navigare tra i flutti dell’informazione riconoscendo la loro rotta più autentica.

Già nell’antichità Platone ci ha parlato di una seconda navigazione per spiegare lo sforzo e la tensione che l’uomo deve fare per arrivare alla conoscenza: se noi stessimo su una barca a vela finché c’è il vento la barca andrebbe da sola, ma cessato il vento, dovremmo trovare i remi per poter navigare ed usare tutta la nostra forza per far muovere la barca nel mare . La conoscenza rappresenta una seconda navigazione e la scuola, così come gli studenti, oggi più che mai, sono sprovvisti dei remi necessari: ciò implica una riflessione sull’importanza di creare e strutturare ambienti d’apprendimento e metodologie adatte a questa difficile navigazione; tali da stimolare la ricerca, perché è solo in essa che l’individuo ritrova se stesso. A tal proposito faccio mia la suggestione del filosofo tedesco Nietzsche, quando in Umano troppo Umano diceva: ”Perché il conoscere è congiunto al piacere? Primo e soprattutto, perché in esso si acquista coscienza della propria forza. Secondo perché nel corso della conoscenza si superano, si vincono o almeno si crede di vincere le idee vecchie. Terzo, perché da una nuova conoscenza, sia pure molto piccola, ci sentiamo elevati.” Ecco trovate le parole chiave: fare della scuola uno spazio dove si infonde il piacere della conoscenza, della scoperta eristica, del dialogo e del confronto, della ricerca come aspetti salienti dell’essere umano non “troppo umano”. Il Debate, quale metodologia potrebbe rappresentare uno dei remi, un mezzo attraverso il quale ritrovare a scuola il significato più autentico dell’antica Paideia greca e della Bildung dei romantici.

Come affermano le stesse Avanguardie, il «debate» è una metodologia per acquisire competenze trasversali («life skill»), che favorisce il cooperative learning e la peer education non solo tra studenti, ma anche tra docenti e tra docenti e studenti. Il debate consiste in un confronto fra due squadre di studenti che sostengono e controbattono un’affermazione o un argomento dato dal docente, ponendosi in un campo (pro) o nell’altro (contro). Il tema individuato è tra quelli poco dibattuti nell’attività didattica tradizionale. Dal tema scelto prende il via il dibattito, una discussione formale, dettata da regole e tempi precisi, preparata con esercizi di documentazione ed elaborazione critica; il debate aiuta i giovani a cercare e selezionare le fonti con l’obiettivo di formarsi un’opinione, sviluppare competenze di public speaking e di educazione all’ascolto, ad autovalutarsi, a migliorare la propria consapevolezza culturale e l’autostima. Il debate allena la mente a non fossilizzarsi su personali opinioni, sviluppa il pensiero critico, arricchisce il bagaglio di competenze. Al termine il docente valuta la prestazione delle squadre in termini di competenze raggiunte. Nel 1993, l’Organizzazione Mondiale della Sanità  elabora un documento che elenca 10 competenze essenziali per il benessere psicofisico dei bambini e degli adolescenti che la scuola dovrebbe favorire e che il debate attraversa:

  • capacità decisionale: saper decidere motivatamente;
  • problem solving :analizzare, affrontare e risolvere costruttivamente i problemi;
  • creatività: esplorare alternative, individuare opzione diverse con flessibilità e originalità;
  • pensiero critico: analizzare, valutare il pro e il contro;
  • comunicazione efficace: esprimersi in modo efficace e appropriato;
  • capacità di relazioni interpersonali: convivere, interagendo positivamente;
  • autocoscienza: conosci te stesso, nei tuoi punti deboli e forti;
  • empatia:ascoltare e comprendere gli altri;
  • gestione delle emozioni: riconoscerle e controllarle;
  • gestione dello stress: governare le tensioni e le fonti d’ansia.

Quali sono le radici storico culturali di una pratica tanto innovativa? Sembrerà assurdo, ma le origini sono antichissime e ci trasportano immediatamente nelle famose agorà delle poleis greche al tempo dei sofisti. In tale contesto i giovani venivano formati per diventare bravi oratori sviluppando arte di argomentare e persuadere. Politica, democrazia, dibattito, uso del linguaggio, capacità comunicativa erano gli elementi fondamentali su cui poggiava la vita del cittadino. Si scendeva in piazza e si difendevano dialetticamente le proprie idee: uomo e cittadino erano parole strettamente interconnesse. Si era uomini solo se pienamente attivi nella vita sociale ,ma si diventava cittadini solo se in  virtus ed in humanitas . Il discorso della virtus fu particolarmente caro a Socrate, il filosofo del “Conosci te stesso”, il quale da educatore autentico quale si è dimostrato, era solito tirare fuori maieuticamente dai ragazzi. Lo strumento era ancora una volta il dialogo, processo costruttivo di parole e ragionamenti basato sulla libertà ed il confronto paritetico, privo di gerarchie. Platone nel Simposio, attraverso il mito di Eros spiegava come non ci possa essere conoscenza senza lo slancio erotico, o eroico direbbe Giordano Bruno, di ricerca del vero: aspetti, questi, innescati dal senso d’incompletezza che caratterizza l’essere imperfetto, qual è l’uomo. Non poteva mancare il grandissimo Aristotele che nella sua descrizione del perfetto oratore includeva tre aspetti irrinunciabili, che ancora oggi sono parte integrante di un buon dibattito: ethos, pathos e logos. Bisogna parlare di argomenti di valore etico, in grado di rapire l ‘attenzione del pubblico per la loro portata sociale e valoriale(ethos); occorre colpire i sentimenti di chi ascolta ed instaurare un coinvolgimento empatico (pathos); infine l’irrinunciabile logos, ovvero il saper parlare e costruire razionalmente le proprie argomentazioni. Quintiliano nella sua Istitutio Oratoria ci ha elencato  cinque categorie fondamentali per l’arte oratoria: l’inventio, ossia la fase di ricerca degli argomenti più appropriati alla tesi che s’intende sostenere; la disputatio, in cui si organizzano le idee e i concetti in uno schema ordinato e coerente; l’elocutio, la quale implica la scelta stilistica del proprio discorso; la memoria, ossia il consolidamento mnemonico delle tesi da presentare; l’actio, che investe l’uso del tono di voce e la gestualità adeguati al discorso. Ancora una volta vediamo coinvolte razionalità, emotività e capacità di autocontrollo: elementi indispensabili per il l’uomo ed il cittadino di domani.

Nel periodo della scolastica medioevale la disputatio, unitamente alla famosa lectio e alle questiones, erano indispensabili per la formazione dei maestri. Si trattava di esercitazioni di tipo universitario che si svolgevano nel seguente modo: lettura di testi autorevoli (lectio); discussione sugli argomenti di grande interesse ed analisi dei pro e dei contro; elaborazione delle obiezioni alle argomentazioni prodotte (questiones). Arrivando ad oggi a partire dal  XX secolo il Debate ha iniziato a far parte, più o meno diffusamente, dei sistemi educativi dei paesi di tutto il mondo. Attualmente, i club e le associazioni che secondo regole diverse lo propongono come efficace sistema di crescita personale, professionale e civile, operando in contesti più o meno democratici, sono davvero innumerevoli. Per citare un esempio, il World Schools Debate Championship, costituisce una competizione internazionale rivolta agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado. Anche in Italia il Debate, da pochissimi anni, ha raggiunto un ruolo non secondario nell’istruzione italiana e una diffusione capillare sul territorio nazionale. A favorire questo risultato hanno contribuito diversi fattori e diversi attori. In primo luogo, si possono annoverare le diverse realtà regionali che operano nei contesti delle secondarie di primo e secondo grado. Un esempio tra tutti quello della rete WeDebate lombarda che ha saputo avvalersi di formatori locali, nazionali e internazionali per lo sviluppo delle proprie proposte educative. In secondo luogo, gli enti nazionali che hanno saputo proporre, all’intero territorio italiano, un’offerta formativa dibattimentale innovativa. Si pensi all’INDIRE, l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa, che ha inserito il Debate tra le “Idee per l’Innovazione” del movimento Avanguardie Educative, come già evidenziato sopra. Infine, l’istituzione delle Olimpiadi Nazionali di Debate da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca che, arrivate alla loro seconda edizione, hanno saputo promuovere in modo uniforme l’interesse, la passione, e l’esercizio del Debate in tutta la penisola. Se la scuola facesse sua questa pratica, la istituisse come una forma specifica del suo agire, potrebbe diventare sempre più inclusiva e rafforzare l’idea di classe , come direbbe Daniel Pennac, alla stregua di un’ orchestra che suona la stessa sinfonia, piuttosto di un reggimento che segue il passo.

 

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