Generale

Roberto Cipriani – la disponibilità

«Su questo aspetto bisogna iniziare a pensare di perdere il nostro senso di appartenenza. A me pare che sia questa una delle possibili strade. È chiaro che possiamo sempre rimanere legati ai nostri ruoli e ammettere comunque l’esistenza di una possibile reciprocità. La reciprocità può essere anche uno scambio senza denaro. Può esserci reciprocità anche senza un esatto calcolo di contraccambio, corrispondente al valore dello scambio. Esistono tante pratiche di questo tipo. Pensiamo per esempio allo scambio di case. Posso offrirti tutta la mia casa, senza voler in cambio del denaro, ma solo se tu mi offri una stanza in un altro paese. Non è perché tu mi offri una stanza nella penisola scandinava che io ti do a Roma, solo una stanza in cambio, ma posso anche offrirti la mia casa per intero, perché in quel momento non ne ho bisogno. Quindi posso darti tutto quello che ho. Io posso farlo per intero, nel senso che rinunzio al mio senso di appartenenza sociale. Se per esempio la mia classe sociale è agiata, io rinuncio a questo senso di appartenenza sociale – che non ammetterebbe un ragionamento di questo tipo – perché rinunzio, almeno in parte, a questo mio senso di appetenza di classe. È possibile quindi anche una reciprocità senza rinunziare ai propri ruoli di appartenenza. Possiamo quindi avere comunque una reciprocità mantenendo i propri ruoli di appartenenza, questa ovviamente è la cosa più facile, ma la difficoltà è forse quella di riuscire anche ad avere un senso di reciprocità rinunziando, almeno in parte, ai nostri ruoli di appartenenza sociale. Pensiamo alla religione e “all’ecumenismo religioso” come apertura verso l’altro, e quindi reciprocità, anche se non sempre si aprono le porte in modo adeguato. Ovviamente l’offerta e l’apertura sono le strade migliori, affinché l’altro risponda in modo adeguato, ma questo non è sempre possibile e poi ricordiamoci che ad ogni forma di chiusura si risponde con altre chiusure. Ogni forma d’insegnamento rivolto all’apertura verso un nemico prelude e prepara una risposta dello stesso tipo: è chiaro che il senso di ostilità può anche sussistere a fronte di una risposta positiva. Anche a fronte di un’accoglienza o di una generosità affabile possiamo ricevere in cambio una risposta negativa, quindi di ostilità. È chiaro che la parità non si raggiunge se tutte e due si chiudono, ma se almeno uno dei due continua a mantenere apertura e disponibilità. Questo vale per il cristianesimo, ma anche per l’islamismo, o per altre prospettive religiose. Per esempio, mi è capitato recentemente di dover discutere sulla possibilità di costruire una moschea nei pressi di Siena. In questo caso gli abitanti si ponevano il dubbio di permettere o non permettere tale possibilità. Il problema non era solo quello di pensare di dare la possibilità di aprire una sola moschea. In effetti se dimostriamo di dare questa possibilità in futuro si apriranno altre sedi.

Questo è un problema che mette in evidenza quanto sia importante dare di più rispetto a ciò che riceviamo: pensare di andare oltre quello che ci viene chiesto. E’ chiaro quindi che la reciprocità passa per la strada della disponibilità totale».

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