Generale

Mirella Zecchini

«Affrontiamo dunque il problema della reciprocità generazionale. Pensiamo quindi agli avvenimenti storici, al passato, alle tradizioni, ai valori e a tutto ciò che è trascorso nel corso degli anni. Per fare un esempio, a me viene in mente la storia di mio nonno Evaristo, rifugiato politico in Francia nel 1928. Alla base di questo concetto di reciprocità storico-generazionale non possiamo escludere la componente politica, gli elementi che politicamente hanno influenzato tutta la mia famiglia. La sua storia è la storia di un uomo che è stato bastonato, reso claudicante, solo perché partigiano e comunista, costretto ad una deportazione forzata, ed è stato vigilato fino al 1942. Si è rifugiato in Francia dove ha vissuto per trent’anni. Alla fine gli ultimi suoi giorni li ha vissuti come ospite alla casa del popolo di Modena, dove ora riposa nel cimitero locale. Ricordiamo che mio nonno esibiva in modo provocatorio sul torace il distintivo del partito comunista, forse è proprio per questo motivo che subì tanta violenza. Presso l’ambasciata francese figurava come un sovversivo militante comunista di professione commesso-viaggiatore. È chiaro che era una personalità controcorrente, anche per la sua stessa famiglia. Attualizzando tutto ciò nella la vita moderna, questa breve storia si inserisce in un tentativo di più ampio respiro, ovvero nel tentativo di capire come sia nato il processo di reciprocità e di influenza scambievole tra le generazioni, capaci di farne un monito del passato. Basti pensare a quanto le lotte e le sofferenze di Evaristo siano state importanti per la nascita della società democratica moderna».

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