Generale

Ivana Padoan

«Il Caffè Pedagogico è nato qui a Venezia da circa un anno. Lo possiamo considerare un luogo di reciprocità, o meglio un luogo di costruzione della reciprocità, nel senso che vorrebbe diventare un luogo di formazione che vive il suo spazio libero e al tempo stesso vincolato dal mondo universitario. Un luogo dove la formazione non si traduce soltanto nel porre domande ma anche nel porre questioni e proposte all’attenzione dei docenti. Un modo quindi per porre i loro punti di vista. Questa è un po’ l’idea del caffè pedagogico. Il caffè pedagogico è nato sulla scia dei nostri interventi nella facoltà di lettere e filosofia. Diciamo che è nato come prolungamento degli insegnamenti e della didattica: gli studenti, pur avendo concluso il loro corso di studi, avevano espresso l’intenzione di proseguire e allora abbiamo inventato questa idea del caffé pedagogico. È un appuntamento mensile, dove sviluppiamo tutta una serie di tematiche. Ogni mese ci incontriamo non solo per discutere, ma anche per drammatizzare alcune situazioni, oppure facciamo lavori di gruppo in cui evidenziamo la partecipazione, riflettendo sui nostri schemi mentali, senza cercare di costruire una teoria dell’apprendimento; lavorare sulla riflessività, riflettendo sui nostri punti di vista. Questa è l’idea. Per tornare sul tema della reciprocità possiamo innanzitutto riflettere sull’emergenza della reciprocità. La parola reciprocità è diventata un’emergenza sociale, sia in chiave politica, sia in chiave economica. Il secondo punto riguarda il tema della reciprocità rispetto al tema della soggettività, non tanto come identità, piuttosto sul rapporto tra identità e riconoscimento. Entra così in gioco il concetto di appartenenza, nel senso che possiamo cogliere il significato della reciprocità nell’atto di agire e di subire nello stesso tempo: due dinamiche antagoniste, ma tali da permettere di relativizzare un soggetto rispetto all’altro. Quest’azione di relativizzare conduce ad una trasformazione del comportamento. È in questa trasformazione che si stabilisce un vincolo di reciprocità. Emergono così delle differenze e non delle divisioni. Ciò vuol dire che la reciprocità non è soltanto qualcosa da costruire, ma qualcosa che bisogna togliere; guardare alla reciprocità significa eliminare i vincoli che ci limitano nell’appartenere all’altro. È chiaro che diventa necessario il passaggio attraverso il riconoscimento dell’altro. Se non avviene questo passaggio di riconoscimento, allora è difficile che si stabilisca un’azione di reciprocità. In questo senso va letto il legame tra reciprocità e relazione con gli altri attraverso la soggettività.

Poi possiamo canalizzare tutto questo in diverse tematiche: reciprocità tra uomo e donna, giovani e anziani, maestri e allievi, etc.»

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