Contributi degli studenti

Giorgia Lolli – Essere un giusto …

La mente dell’uomo
superiore
ha familiarità
con la giustizia
la mente dell’uomo
mediocre
ha familiarità
con il guadagno.

Confucio

 

Sono qui oggi nel caffè per affrontare uno dei temi che di sicuro mi coinvolgono e ritengo   importanti e delicati, dove sosterrò il mio pensiero motivandolo e argomentandolo con le adeguate fonti. Non mi sono presentata, sono Giorgia una studentessa del quarto anno del liceo di Scientifico Scienze Applicate che sta si sta impegnando molto negli studi e spera un giorno di lavorare per la giustizia a favore della giustizia e con la giustizia: una parola che almeno per me non sarà mai ridondante. Come? Non lo so ancora se come avvocato, magistrato, criminologa o anche semplicemente come cittadina; di sicuro la parola “Giustizia” un po’ mi affascina e un po’ mi spaventa. Di sicuro è un termine che mi appartiene. Non a caso voglio partire dal tema della GIUSTIZIA e RESPONSABILITA’ affrontando il caso di Bashar Al-Assad, attuale presidente della Siria, e dei crimini che ha commesso contro l’umanità. Prendiamo ora come riferimento un articolo del 15 maggio 2015, riportato da “Commissione Giustizia Internazionale e Responsabilità” proprio sui tribunali penali internazionali. La Commission for International Justice and Accountability (CIJA) è un organo formato da investigatori ed esperti legali che precedentemente hanno lavorato addirittura nei tribunali internazionali della ex Jugoslavia e del Ruanda. Negli ultimi tre anni, secondo Guardian e Frankfurter Allgemeine Zeitung, hanno lavorato a una missione rischiosa: portare fuori dalla Siria i documenti che inchiodano Bashar al Assad. Ne è uscito un file di 389 pagine di prove sui crimini commessi dal dittatore siriano e da 24 alti ufficiali del suo regime. Il lavoro della Commissione è decisamente rischioso. Un investigatore è stato ucciso, un altro gravemente ferito e diversi collaboratori sono stati incarcerati e torturati. La Commissione, finanziata da Regno Unito, Stati Uniti, Unione Europea Germania, Svizzera, Norvegia, Canada, Danimarca e altri Paesi, si sta ora occupando della condotta in guerra sia del regime che dei gruppi di opposizione estremisti, portando alla luce la soppressione del dissenso, le incarcerazioni, le uccisioni e torture contro le migliaia di detenuti nelle carceri siriane e dettagliate informazioni sulla catena di comando del regime siriana. Uno dei membri, che il Guardian chiama con lo pseudonimo di Adel per proteggerlo, ha dichiarato: «Il lavoro ha causato enorme stress alla mia famiglia, costringendomi ad assenze prolungate e a una vita nella paura. Ma credo ancora nella causa della giustizia, e spero un giorno di poter vedere una corte che giudichi le alte cariche siriane inchiodandole alle proprie responsabilità per i crimini commessi». Nella sede centrale della CIJA, segreta per ragioni di sicurezza, il materiale archiviato va ben oltre quelle 389 pagine che già basterebbero a provare le colpe del regime siriano. Si parla di 470.000 video testimonianze e di oltre un milione di pagine concernenti la struttura gerarchica del sistema politico, militare e giudiziario siriano. Proprio su questo aspetto non stupisce l’articolo: Siria, il regime di Assad denunciato in Germania per le stragi con le armi chimiche[1]:

BERLINO – «Gli avvocati delle vittime di attacchi con armi chimiche in Siria hanno denunciato davanti alla giustizia tedesca lo Stato siriano per due stragi costate la vita ad almeno 1400 persone. Nelle mani dei procuratori generali tedeschi da oggi ci sono due denunce: una riguarda la strage di Ghouta nel 2013 e l’altra quella di Khan Shaykhun nel 2017. Se la richiesta degli avvocati sarà accettata, Bashar al Assad e i suoi uomini potrebbero finire sotto processo a Berlino. Damasco ha sempre negato di aver fatto uso di armi chimiche contro i civili. Ma un’indagine commissionata dalle Nazioni Unite del 2016 sulla strage di Ghouta ha confermato l’uso di sarin e puntato il dito contro il governo».

È il secondo procedimento per crimini commessi durante la guerra in Siria che si apre in Germania, dove è valido il principio della “giurisdizione universale” che autorizza uno Stato a perseguire gli autori di gravi crimini, a prescindere dalla loro nazionalità o dal luogo in cui i crimini sono stati commessi. Nel 2003 è stata istituita un’unità speciale per i crimini di guerra presso la polizia criminale federale tedesca, inizialmente incaricata di indagare su sospetti genocidi nella Repubblica Democratica del Congo. Ma quando migliaia di profughi siriani hanno iniziato a fare domanda di asilo in Germania tra il 2015 e il 2017, l’unità speciale ha ricevuto a iniziato ad occuparsi dei crimini commessi dal regime di Assad durante la rivoluzione. La Germania oggi ospita 600 mila siriani. Le testimonianze raccolte dai legali provengono da 17 sopravvissuti e 50 disertori che sono a conoscenza del programma di armi chimiche del governo siriano e dei piani usati per eseguire i due attacchi. “I pubblici ministeri possono in ultima analisi stabilire che hanno sufficienti prove per emettere i mandati di arresto per i membri del regime di Assad”, ha detto Steve Kostas, un avvocato della Open Society Foundation’s Justice Initiative, una delle tre organizzazioni che si occupa delle denunce. Il primo processo a carico di membri dei servizi di sicurezza di Assad per crimini contro l’umanità, comprese torture e aggressioni sessuali, è iniziato nel tribunale tedesco di Coblenza ad aprile. “Il senso delle denunce è di inviare un segnale ai sostenitori del regime siriano – Russia e Iran – che non si può risolvere un conflitto senza prendersi le responsabilità dei crimini contro i civili”, ha detto Mazen Darwish, direttore del Centro siriano per i media e la libertà di espressione.

Come possiamo vedere nel giro di cinque anni non è cambiato nulla, ma questo non deve essere solo un monito passivo verso l’inerzia quanto piuttosto un qualcosa che ci porta a credere ancora una volta nella giustizia e spingerci a crederci anche una volta perché cose non cambiano da sole e non cambiano in pochi anni, anzi a volte ci vogliono decine di anni, anche centinaia di anni ma alla fine la giustizia esiste ed io vivrò sempre per difenderla.

[1] La Repubblica, 6 novembre, 2020.

 

Come secondo tema di questo elaborato vorrei trattare la TOLLERANZA, nello specifico la TOLLERANZA ZERO VERSO IL MALTRATTAMENTO DEGLI ANIMALI. Questo è un altro argomento a cui tengo tantissimo, essendo io anche vegetariana per scelta, poiché non sopporto l’idea di

dover uccidere e provocare sofferenza a gli animali in quanto posso nutrirmi di altro senza far del male a nessuno. Il maltrattamento verso gli animali è un fenomeno sempre più frequente che deve essere punito pesantemente, perché questi fatti sono inaccettabili.Il sito ufficiale di WWF Italy ci fornisce questo artcolo:

 Quali sono le principali leggi che tutelano gli animali?

La legge nazionale n. 189 del 2004 (“Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate”) tutela tutti gli animali, indifferentemente dalla specie cui appartengono. Questa legge ha introdotto sostanziali modifiche al Codice Penale che adesso considera il maltrattamento come un reato ai sensi degli artt. 544-ter e 727. Inoltre, come sancito dall’art. 5 della legge nazionale n. 281 del 1991 (“legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo”), qualsiasi animale che non costituisca produzione di reddito, se “custodito nella propria abitazione”, è da ritenersi un’animale d’affezione e pertanto tutelato anche dalla vigenti normative regionali. Nello specifico, la Campania ha adottato la legge regionale n. 16 del 2001 per la “tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo”.

Quali sono le sanzioni per chi maltratta gli animali?

L’art. 544 ter del Codice Penale punisce con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagioni una lesione ad un animale, ovvero lo sottoponga a sevizie o a comportamento o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche. La pena è aumentata della metà se da questi fatti deriva la morte dell’animale.

La stessa pena si applica a chiunque somministri agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottoponga a trattamenti che procurino un danno alla salute degli stessi.

L’art. 727 del Codice Penale punisce con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro chiunque abbandoni animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività. Alla stessa pena soggiace chiunque detenga animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze.

Leggi Regionali ed eventuali Regolamenti Comunali puniscono gli illeciti amministrativi con ulteriori sanzioni definite dall’art. 5 – Sanzioni – della Legge Quadro 281/1991 e dall’art. 17 – Sanzioni e ammende – della Legge Regionale 16/2001.

Cosa posso fare io?

– Verifica, tra i seguenti, quali dei principali elementi di maltrattamento sussistono e descrivi con precisione il fatto alle Autorità: catena corta o tale che impedisca il movimento; assenza di cuccia o riparo dalle intemperie; cattive condizioni fisiche; cattive condizioni igieniche; segni evidenti di sofferenza; non regolarità nella somministrazione del cibo; assenza di acqua.

– Raccolte le informazioni essenziali per descrivere quanto sta accadendo, avvisa rapidamente le forze dell’ordine. Puoi telefonare al numero di pronto intervento del Corpo Forestale dello Stato, al Comando di Polizia BMunicipale o al Comando di Polizia Provinciale.

– Se la tua segnalazione telefonica non ha avuto immediato riscontro, puoi fare un’ulteriore segnalazione o una denuncia, presentandoti personalmente o inviando la comunicazione via fax/posta alle forze dell’ordine ed enti competenti. Nel caso specifico si consiglia di inviare la denuncia o segnalazione agli organi di Polizia Giudiziaria già contattati e per conoscenza all’ASL di riferimento. Ovviamente, la stessa denuncia può essere inviata anche alla Procura della Repubblica.

Cosa deve accadere in seguito alla mia denuncia?

La Polizia Giudiziaria provvederà al sequestro dell’animale, consegnandolo presso un custode giudiziario: pubblici ufficiali, associazioni ed enti riconosciuti o privati cittadini.

Nota 1

Verifica se il tuo Comune si è dotato di un regolamento per la “tutela degli animali e prevenzione del randagismo”. Alcune amministrazioni locali, infatti, hanno adottato strumenti legislativi che danno precise indicazioni su come prendersi cura degli animali.

 

TOLLERANZA ZERO VERSO LA VIOLENZA SULLE DONNE

 

L’allarme per l’aumento della violenza domestica contro le donne a causa del confinamento è stato spesso segnalato dai media in tutto il mondo. Nel mondo una donna ogni tre è vittima di violenza fisica o sessuale da parte del proprio partner. E questa violenza aumenta in ogni tipo di emergenza, alimentata dalle angosce e dai timori che concernono la malattia e il senso dell’esistenza, dalla frustrazione, dai tempi di convivenza più lunghi e spesso dall’abuso di alcol favorito dall’inattività. Inevitabile che il lockdown conseguente alla pandemia sia stato un trigger potente di questa drammatica piaga. In Cina, i primi dati relativi ai casi riportati dalla polizia di Jingzhou, nel febbraio del 2020, segnalavano che i casi erano triplicati in rapporto allo stesso periodo del 2019. L’associazione of Rape Crisis Centers in Israele, ha evidenziato un aumento del 40% dei casi di violenza domestica durante la pandemia Covid 19.

Il ricorso alla violenza spesso è legato a un vissuto di impotenza nel gestire un conflitto, perché l’aggressore non si sente capace di utilizzare la comunicazione o altre forme e strategie per far valere il proprio punto di vista. Ricorre quindi a comportamenti che mirano a controllare la relazione e a intimorire e a svalorizzare l’altra persona con lo scopo di dominarla attraverso forme di manipolazione psicologica che quasi sempre scattano all’interno di relazioni e rapporti coniugali o di convivenza malati. Sono manipolazioni caratterizzate da un incastro vittima-carnefice, nei quali uomini gelosi o ossessionati dal controllo isolano le proprie compagne rendendole insicure e depresse.

Tra queste, una delle tecniche più diffuse è quella del ,gaslightin che utilizza critiche quotidiane, battute cattive, offese indirette, malumori e costanti insoddisfazioni, per portare la vittima a sentirsi perennemente in debito, in colpa e dipendente dal proprio partner. Un’altra tecnica di acuta cattiveria, messa in atto dai narcisisti perversi, è quella che si maschera da amore possessivo e geloso per imprigionare il partner in una relazione tossica. Un vero e proprio massacro psicologico in cui la vittima si convince di essere incapace e piena di difetti. A questi abusi psicologici si sommano spesso quelli economici e sessuali. Purtroppo risulta molto difficile riconoscere il potenziale manipolatore, perché si tratta quasi sempre di persone apparentemente normali.

E’  importante mettere in evidenza come molte vittime, quando entrano in questo circuito di violenza psicologica, hanno angoscia e addirittura timore di uscirne, perché sono talmente condizionate nel proprio senso di inferiorità, da pensare che l’aggressore abbia ragione. La svalorizzazione programmatica produce infatti nella vittima un senso profondo di insicurezza e di inquietudine e il timore di non farcela da soli.

La violenza domestica si ritrova in tutti i contesti sociali, economici e culturali indipendentemente dall’età e dal sesso, e si osserva anche negli uomini e nelle relazioni omosessuali.

Perché il COVID-19 ha fatto aumentare la violenza sulle donne? Le ragioni sono molteplici.

  1. Si è modificata la rete di protezione sociale, con significativa riduzione dell’accesso ai servizi.Le misure di distanza sociale hanno portato le persone a rimanere a casa, e il confinamento aumenta il rischio della violenza domestica, poiché i membri della famiglia rimangono molto tempo a casa in contatto fra di loro.
  2. Lo stress economico e il potenziale rischio di perdere il lavoro aumenta l’irritabilità e la rabbia sociale.
  3. Si sono ridotti, se non azzerati, i contatti con i membri della famiglia e gli amici che potrebbero aiutare le donne nei casi di violenza domestica.
  4. L’accesso ai servizi è molto limitato.
  5. Il peso dell’aumento del lavoro domestico durante la pandemia e la riduzione dei mezzi di sostentamento e della possibilità di guadagnare lo stipendio, può aumentare lo stress familiare, con una potenziale di aumento significativo dei conflitti e delle violenze.
  6. Il perpetratore degli abusi e delle violenze può usare le restrizioni dovute al Covid-19 per esercitare un maggiore potere di controllo sul partner e sui figli riducendo l’accesso ai servizi, agli aiuti, ai supporti psicosociali da parte delle reti sociali formai e informali, addirittura, lo si è visto, impedendo l’accesso a oggetti necessari quali il sapone e il disinfettante.
  7. Gli aggressori possono esercitare il controllo diffondendo informazioni sbagliate in relazione alla malattia per stigmatizzare il partner.

 

Come ultimi argomenti, e non per importanza, vorrei parlare di e PLURALISMO:

LE BASI DEL DIALOGO TRA EBREI E MUSULMANI

Diciamoci la verità. È molto raro vedere insieme ebrei e musulmani discutere di antisemitismo e islamofobia. Ciò può accadere soltanto in qualche parte d’Europa, perché in tutto il contesto mediorientale prevalgono i pregiudizi.

In troppi Paesi arabi gli ebrei sono visti con sospetto e l’aggettivo sionista, che viene legato alla parola ebreo, ha un valore dispregiativo. Inoltre il conflitto tra israeliani e palestinesi rende tale dialogo ancora più difficile.

l dialogo tra ebrei e musulmani è pesantemente condizionato da simili fattori esterni. Non possiamo permetterci di ignorarli perché, come scriveva Primo Levi, non esistono isole separate nel mondo e rischiamo di pagarne pesantemente le conseguenze.

L’Europa, tanto bistrattata, ha comunque un grande pregio: offre un contesto di democrazia e di libertà che permette a ebrei e musulmani di trovare la forza per superare i pregiudizi e influenzare positivamente il dialogo all’interno dello stesso mondo mediorientale. Tale contesto può diventare il volano di una modernizzazione culturale nel mondo islamico e di un dialogo su nuove basi tra ebrei e musulmani. E’ questa la grande missione dell’Europa nel mondo, perché le nostre tradizioni, la nostra storia così travagliata, con le vicissitudini che abbiamo attraversato, ci hanno permesso di creare un modello di democrazia in grado di esaltare il pluralismo e di affrontare in modo pacifico i conflitti e il difficile rapporto tra Stato e religione.

C’è bisogno, tuttavia, che all’interno di ciascuna delle due comunità, si faccia chiarezza su cosa significa islamofobia e antisemitismo. Sia all’interno del mondo ebraico che di quello musulmano occorre un esame di coscienza per superare fobie e pregiudizi reciproci. Ognuno deve cercare di capire l’altro e non pensare che i torti esistano da una parte sola. Per questo è importante parlarsi senza paura e accettare con serenità l’eventualità di non essere d’accordo. È necessaria molta pazienza, buona volontà e apertura incondizionata al confronto.

Oggi che cosa significa islamofobia?

Poiché il pregiudizio nei confronti dei musulmani non è legato solo alla religione ma è più profondo, di tipo razzista, dobbiamo precisarlo meglio.

Islamofobia significa negare ai musulmani prima di tutto il diritto di vivere la propria religione, come fanno normalmente ebrei e cristiani. Assistiamo alla diffidenza verso la costruzione di moschee: ma dove dovrebbero pregare i musulmani? Nelle strade e nelle piazze? La religione raccoglie la ricerca di senso degli uomini e questo è un diritto sacrosanto. I credenti di tutte le fedi sono accumunati dal rapporto con Dio, che per un uomo in preghiera è più importante di qualsiasi precetto, luogo o rito. In secondo luogo “islamofobia” esprime la paura, spesso alimentata dai populisti e dai profeti di sventure, che il mondo occidentale sia dominato dalla “Sharia” e sottomesso a una cultura integralista. Molti temono un ribaltamento dei nostri valori democratici e che i musulmani vogliano trasformare l’Europa in un nuovo califfato. Saremmo dunque condannati ad una “sottomissione”, come recita il titolo del libro di successo di Houellebecq, lo scrittore franceseche ha come estimatore il presidente americano Trump, il quale accusa l’Europa di farsi conquistare senza resistenza dagli islamici.

Cos’è invece l’antisemitismo oggi?

Non basta ricordarne l’origine storica, poiché anche questo fenomeno, come ogni forma di razzismo cambia nel tempo. Come ho detto in precedenza, oggi l’antisemitismo, con varie gradazioni, attraversa tutto il mondo arabo ed islamico. È questa una grande novità dei nostri tempi. Certamente non tutti i Paesi sono uguali: ad esempio in Marocco, in Tunisia, in Giordania fortunatamente si respira un clima diverso, ma certamente i pregiudizi antiebraici (per non parlare di vero e proprio odio) sono molto forti in Iran, in Arabia Saudita, in Egitto. E’ quasi del tutto “normale” non stringere la mano a un atleta israeliano e molto difficilmente un artista o un intellettuale di origine ebraica viene invitato in questi Paesi.

Spero che questo elaborato piaccia e serva per sensibilizzare il lettore su questi temi attuali e molto delicati.

GIORGIA LOLLI 4H

01/11/2020

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