Tutti parlano di pace ma nessuno educa alla
pace. A questo mondo, si educa per la
competizione, e la competizione è l’inizio di
ogni guerra.
Quando si educherà per la
cooperazione e per offrirci l’un l’altro
solidarietà, quel giorno si starà educando per la pace.
Maria Montessori
La guerra è la cosa più stupida che ci possa essere- Un modo pessimo di avere le cose o il potere. Durante la guerra succede che muoiono tante persone innocenti “.[1] Questa è la parola di un bambino innocente.
La parola “ Guerra” in questi giorni è la più pronunciata, più temuta e più esibita, lanciata come un grido esaltatorio o ricattatorio. Siamo in guerra, riconosciamolo, ammettetelo. Dai discorsi dei leader la parola rimbalza ai titoli dei giornali come una pallina incontrollabile. La Guerra con la lettera maiuscola è un conflitto armato fra Stati o popoli per motivi politici, ideologici o economici, combattuto sul territorio di uno o più contendenti con armi di varia natura. È combattuta non solo con le armi ma anche con mezzi politici e di propaganda.
Questa è guerra: le molte vittime, le parole dei massacratori, la dimensione del conflitto, le sue radici anche culturali o di civiltà.
È la parola alla quale si ricorre addirittura per povertà lessicale, per automatismo ma è stata anche pronunciata un’infinità di volte, nei nostri decenni di pace.
Proprio come qui, nell’Italia pacifica, chiamiamo guerre contro la mafia (centinaia di vittime, appunto, e leggi speciali sui confini della nostra cultura dei diritti) e contro il terrorismo (nonostante i terroristi richiedano questo riconoscimento decisamente negato). Per non parlare di altre occasioni in cui la parola è usata tutti i giorni per interesse. Insomma, non un tabù, ma un totem per battaglie di ogni genere, scale e intenzioni nel suo nome.
Ma soprattutto evitiamo di dare alla parola una connotazione di coraggio, che in realtà gli è largamente estranea. Noi italiani abbiamo un esempio formidabile nella nostra storia, che dovrebbe assumere un significato speciale nell’anniversario della prima guerra mondiale.
Gli interventisti nobilitarono le solide ragioni strutturali, economiche, imperiali della guerra non lo fecero per coraggio ma per paura: avevano terrore dell’irruzione delle masse, non riuscivano a comprendere e metabolizzare la modernità e la democrazia. La Prima e la Seconda Guerra Mondiale, le studiamo a scuola, e sono gli ultimi conflitti che hanno sconvolto l’Europa. Un altro scontro, vicino ai nostri confini, si è consumato nei Balcani nei primi anni Novanta. Da allora non si sentiva più parlare di una guerra così vicina a noi come in questi giorni in cui c’è una crisi alle porte dell’Europa, in Ucraina.
L’Ucraina è uno dei maggiori produttori di grano del mondo, ed è il luogo dove è avvenuto il disastro alla centrale nucleare di Černobyl’. L’Ucraina è divisa in 24 regioni e una repubblica autonoma: la Crimea. Tra queste regioni c’è il Donbass.
Il Donbass – che significa “bacino del Donec” – è un’area dell’Ucraina orientale suddivisa in tre regioni: quella di Donetsk, che è la città principale; quella di Luhansk e quella di Dnipropetrovsk. In questa zona tutto, o quasi, è a predominanza russa: dalla lingua alla chiesa. Nelle regioni di Luhansk e Donetsk, vivono in maggioranza persone che si sentono separate dall’Ucraina, infatti si definiscono “separatisti”. L’Ucraina è una sterminata pianura solcata da grandi fiumi dove grazie a questa mancanza di montagne ci sono state da sempre invasioni di diversi popoli. Dal 1919 fino al 1960, l’Ucraina, faceva parte dell’Unione Sovietica.
C’è una data da non dimenticare nella storia dell’Ucraina ed è forse il principio del conflitto tra Russia e Ucraina: tra il 1932 e il 1933, milioni di ucraini morirono di fame. Stalin, il capo dell’Unione Sovietica, decise di prendere tutte le terre: i contadini non ricevettero più uno stipendio ma una quota dei beni prodotti. Ancora oggi questa tragedia è una delle ragioni del risentimento degli ucraini verso i russi.
Non è vero che la guerra è iniziata ora. Semmai si può dire che ha raggiunto il punto più grave in queste settimane ma è dal 2014 che nella regione del Donbass c’è un conflitto in corso. Nel 2014, a Kiev, c’è stata una rivolta contro il presidente, amico dei russi. La popolazione fece una battaglia per chiedere l’adesione all’Unione Europea con manifestazioni, ci furono dei morti e il presidente venne cacciato. A quel punto la Russia, per rispondere a questa iniziativa, si prese la penisola della Crimea, nel sud dell’Ucraina.
Nella notte tra mercoledì 23 e giovedì 24 febbraio 2022, il presidente russo ha annunciato l’operazione militare mentre il consiglio ONU era ancora in corso. L’ha definita una “operazione speciale per smilitarizzare l’Ucraina”. Mosca ha fatto sapere di aver “soppresso il sistema di difesa anti aerea” ucraino con attacchi di precisione. Putin vuole impedire all’Ucraina di difendersi. I carri armati russi sono entrati nella capitale e in altre città. Gli ucraini stanno scappando. Vladimir Putin è il capo del Governo della Russia, è una ex spia dei famosi servizi segreti del Paese. È al Governo da più di vent’anni. Putin vuole fare un impero. È un uomo solo al comando con un grande potere.
Perché è interessato all’Ucraina? È una questione geo-politica. Putin vuole riaffermare che la Russia ha diritto ad avere l’Ucraina tra le sue frontiere e la potenza occidentale. I russi hanno l’ossessione, nel caso scoppiasse la guerra, di essere assediati. Avere l’Ucraina nelle loro mani permetterebbe uno spazio di manovra.
L’Ucraina per il mondo occidentale non rappresenta alcun interesse mentre la Russia è un produttore di materie prime, gas, petrolio, grano. C’è un interesse solo geo-politico da parte della Russia e degli Stati Uniti. L’unico rischio che corriamo è che possa crescere il costo della benzina e del gas qualora la Russia non lo vendesse più a noi perché ci siamo schierati con l’Ucraina. L’altro problema è la fuga delle persone: molti scappano nei nostri Paesi. [2]
A proposito di Guerra, cosa sostiene l’articolo 11 della Costituzione ? L’articolo 11 invita alla pace tra i popoli, impone di cercare una via diplomatica in caso di conflitto e dispone il ripudio della guerra come strumento di offesa. Inoltre prevede che l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Dunque in Italia, l’articolo dispone il ripudio delle attività belliche come strumento di offesa, non come mezzo di difesa.
“Un’aggressione come questa è di per sé la negazione del diritto internazionale e diventa difficile pensare a una condanna efficace attraverso le sole leve giudiziarie”. [3]
Il vincolo costituzionale allora è che possiamo difenderci, ma non esportare guerre, neanche ritenendo che sia una guerra giusta.
In ogni conflitto c’è chi parte e chi resta. Come una madre a Kiev che copre la sua bambina. Una donna che sbarca al confine tra Ucraina e Moldavia. Il significato profondo della guerra non è geopolitico: sono le piccole storie.
Se ci concentriamo su attacco, strategia, negoziazione, geopolitica, ignoriamo il significato più profondo della guerra, che è morte, distruzione, paura. La guerra deve essere raccontata attraverso gli occhi delle sue vittime. Dramma nel dramma. Perché è così che la guerra è: le grandi storie, quelle che finiranno nei libri, travolgono migliaia di piccole storie. Di gente comune. Delle persone.
[1] Cfr., M. de Rita Diamo la parola ai bambini. Stop alla guerra articolo tratto da Il Giorno, 27 Marzo 2022.
[2] Cfr., Quirico D., La guerra tra Russia e Ucraina spiegata ai ragazzi., caposervizio delle cronache estere del quotidiano La Stampa. Focus Junior, 17 Marzo 2022.
[3] Antonio d’Andrea, costituzionalista. Il Fatto Quotidiano. 28 feb 2022.